Durevole fragilità
di Claudio Libero Pisano
La produzione artistica di Aino Nebel procede sulla via della ricerca di un equilibrio tra l’inevitabile finitezza delle cose e la loro possibilità di essere trasmesse e conservate, non solo in quanto opere fisicamente date, ma anche e soprattutto in quanto soggetti di memoria. A ciascun elemento è assegnato un compito, un ruolo all’interno di una narrazione circolare.
La materia non è mai fattore episodico perché ogni elemento corrisponde a una possibile rappresentazione della caducità delle cose. Le cose sono l’elemento che le forma.
La scelta del materiale non è secondaria perché indica la sostanza stessa della vita nelle sue manifestazioni formali, artistiche. È per questo che AN inizia con l’esplorare materiali deperibili, in grado intrinsecamente di parlare del viaggio di un’esistenza fermata nel momento della propria “caduta”. È la narrazione del passaggio. È l’accanimento sull’oggetto un attimo prima che non esista più, nell’istante in cui, esistendo, concepisce in sé la morte. I materiali deperibili sono però destinati a offrire per un tempo brevissimo il messaggio di cui sono portatori, così l’artista sceglie di lavorare con la porcellana, spostando l’attenzione dal consunzione alla condizione della fragilità durevole. L’occhio e l’arte di Aino Nebel entrano sempre più dentro la materia, se ne fanno carico, ne accolgono le qualità, la dimensione, la pulsazione vitale, nel suo essere incerta, sottile, a volte quasi trasparente. Nelle sue mani la ceramica assume nuove sembianze, si trasforma, si maschera, sembra davvero l’oggetto che rappresenta, ne mima la consistenza evocando però una fragilità esasperata probabilmente da infinite proiezioni interiori. Non poteva che essere la sensibilità di una donna a offrire ai nostri occhi, ai nostri sensi, tale esperienza. Quando la fragilità diventa forza. Quando la forza diventa fragile.
Materia e azione. L’arte non si ferma alla sostanza ma diventa agibilità sulla materia stessa, sulla vita. Manipolazione, formazione, work in progress, comunicazione tra oggetto e soggetto. Ciò che l’artista può sulla terra del proprio lavoro, anche lì si trova il senso del “gesto”. L’arte rivela la propria identità di oggetto, intenzione, tecnica di lavoro. Ciò che la materia può sulle intenzioni e sulle tecniche del soggetto, anche lì si trova il senso del gesto. L’uno vive dell’altro, in un rapporto reciproco, intimo, a volte doloroso, catartico. La morte sembra sconfitta. La porcellana la sublima.
La cottura in forno diventa parte del processo creativo, contribuisce a definire la forma dell’oggetto, ne lascia a vista i difetti. La tecnica diventa un destino. Non una morbosa attenzione verso le imperfezioni, ma piuttosto la celebrazione del ruolo che il Caso detiene nella strutturazione della forma, quindi della vita.
“… la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compatezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero […] La più grande preoccupazione di Lucrezio sembra quella di evitare che il peso della materia ci schiacci.” ( I. Calvino, Leggerezza in Lezioni americane)